lunedì 24 maggio 2010

02.04.2010

La mia sensazione di provvisorietà, corruzione delle cose e indefinitezza non è solo mia.
Credo che sia legata indissolubilmente e naturalmente al tempo che passa.
Continuerò ad averla, non ha senso combatterla. Anzi, penso sia un male combatterla: perchè non esiste il vero ordine, non c'è il momento che aspetti in cui le cose hanno (alla fine) un valore finito, un confine chiuso.
E' come quando compri un oggetto, un maglione che ti piace, o come quando pulisci per bene tutta la tua casa: un giorno, prima o poi, tutto subisce la sua naturale corruzione, fa il suo corso, si rompe, si sporca.
Il flusso degli eventi si applica alle cose come alle persone: il deterioramento è un concetto negativo solo se si ha la sensazione di subirlo.
Per questo si soffre: non dominando le cose che viviamo e lasciandoci andare agli eventi, il deterioramento ci uccide lentamente (salvo poche, definite decisioni che riguardano tutti, come scegliere una casa, un lavoro, una bistecca, è sussistenza, quindi sei costretto a farle e quindi è ovvio che lì venga fuori la vera indole).
E questo discorso io lo porto fino alla mia idea di ordine e previsione: non mi piace. Ho scoperto che avere i kit, i set, non c'è gusto. Kit e set nel senso di cose prese in blocco, tutte simili, senza il piacere di accumularle, ciascuna diversa e legata a qualcosa del momento che vivi.
Mi piace il concetto di avventura come scoperta imprevista di qualcosa che non avresti mai trovato altrimenti.
Ma, e non pensavo mai che facesse per me, mi piace sempre di più l'idea di semplificare, levare, togliere ostacoli al pensiero e alla concentrazione sulle cose che invece sento che possono elevarmi come essere umano.

Nella vita, come nelle cose concrete, è molto più significativo stratificare, e a volte anche capitarci a caso, nelle cose.